L’OMS ha più volte lanciato l’allarme sugli effetti a lungo termine della pandemia sulla salute mentale a livello globale: ad esempio in un rapporto OMS basato sulla revisione complessiva dei dati sull’impatto del Covid sulla salute mentale e sui servizi di salute mentale è emerso che solo nel primo anno di pandemia i vi è stato un massiccio aumento a livello globale della prevalenza di ansia e depressione, che ha segnato un +25%. Altri studi parlano di casi di depressione triplicati a causa della pandemia. Per quanto per l’Italia manchino dei dati definitivi, si rileva che nel 2020 il consumo di antidepressivi è aumentato in tutte le regioni rispetto al 2019, con il più alto incremento in Umbria (+3,6%) e il più basso nella PA di Bolzano (+0,2%). E’ quanto emerge dal XIX Rapporto Osservasalute 2021, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica, presso il campus di Roma, presentato oggi. Rispetto al contesto europeo, l’Italia mostra prevalenze inferiori alla media europea riguardo la presenza di sintomi depressivi: la stima è pari al 4,2% vs 7,0% media dell’Ue per le persone di età 15 anni ed oltre, e tra gli adulti (15-64 anni) il divario è anche superiore (3,0% vs 6,4%). Tassi elevati si riscontrano in Francia, Svezia e Germania (rispettivamente, 10,8%, 10,5% e 9,4%) e i più bassi, al di sotto del 3%, in Grecia e Cipro. Ma resta da quantificare l’impatto reale della pandemia su salute e benessere psichico del Bel Paese.