È il movente che manca e bisognerà entrare nella testa di Martina Patti, la giovane madre di appena 23 anni che ha confessato l’omicidio della figlia Elena di quasi 5 e fatto ritrovare il cadavere della bambina sepolto in un terreno incolto di Mascalucia, in provincia di Catania. La grande incognita rimane il ‘perché’ del gesto. Gli investigatori scavano nella storia di lei ed esplorano l’ipotesi della gelosia per la ‘nuova’ vita di Alessandro del Pozzo, l’ex convivente e padre di Elena, che si era fatto una nuova compagna in Germania dopo la separazione tutt’altro che pacifica.
“C’erano state gelosie e violenze” e “una delle possibili ragioni che hanno portato Martina Patti a compiere il gesto, può essere proprio la gelosia, non solo della nuova compagna dell’ex convivente ma anche del possibile affezionarsi della figlia nei confronti della donna”, ha dichiarato il comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Catania, Piercarmine Sica, intervenendo nel corso della conferenza stampa sul caso nel comando provinciale di Piazza Verga.
Gli inquirenti di Catania della Procura guidata da Carmelo Zuccaro parlano di un “triste quadro familiare costituito da due ex conviventi” che “non apparivano rispettosi l’un l’altro” come emerso durante la nottata di interrogatori. Quelle lunghe ore durante le quali Martina Patti ha raccontato la storia inverosimile di un rapimento della piccola, messo in atto da 3 uomini incappuciati, prima di crollare e confessare al mattino. “Chi commette questi gesti, trovandosi di fronte all’enormità di quanto fatto, talvolta cerca di costruire una situazione alternativa, mettendo in atto attività mentali espulsive per mitigare l’ansia e il senso di colpa e ponendo la responsabilità al di fuori da sé – dichiara a LaPresse Massimo Di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria.
“Ma quasi sempre poco dopo, di fronte ad elementi di prova concreti, crolla subito: ammettere la propria colpa diventa così liberatorio e si è quindi pronti ad accettare le conseguenze del proprio gesto”. La criminologa investigativa e psicologa forense Roberta Bruzzone ipotizza invece che che la madre avesse “una personalità disturbata” tale da “dapprima fantasticare e poi pianificare lucidamente l’eliminazione della figlia”. Secondo la criminologa c’è la possibilità che la giovane donna “desiderasse una vita diversa da quella che si era ritrovata a vivere con la maternità” e “volesse tornare alla libertà che aveva prima, quella della maggior parte delle giovani della sua età”.
“Non rispondeva mai al telefono alle mie chiamate”, ha raccontato invece la nonna della bimba, Rosaria Testa, svelando il dettaglio che già in passato la donna avrebbe avuto dei comportamenti violenti nei confronti della figlia, tutti da verificare al momento. La23enne è accusata di omicidio e occultamento di cadavere per aver ucciso la figlia con almeno due colpi di coltello e poi averla seppellita dentro a dei sacchi neri. Nel luogo del cadavere è stata ritrovata anche una pala da giardino e “la madre si sarebbe procurata questi strumenti nella mattina, prima ancora di recarsi in asilo per prelevare la figlia”, hanno specificato Rino Coppola, comandante provinciale dei Carabinieri di Catania e il comandante Sica.