L’effetto Ucraina si abbatte sulla produzione industriale che comincia a incorporare le ricadute della guerra con una gelata che tra marzo e aprile supera il 2% mensile. Un andamento che potrebbe avere ripercussioni sull’andamento del Pil che già nel secondo trimestre potrebbe segnare una decisa frenata. A fare un primo punto sulla congiuntura è il Centro studi di Confindustria secondo cui, come previsto, a pesare sulle imprese è in primo luogo il caro-energia che si somma alla più generale fiammata dei rincari delle materie prime. iniziata anche prima della guerra.
Nel dettaglio, secondo l’indagine rapida di Csc, a marzo si registra una flessione della produzione industriale del 2%, dopo il rimbalzo registrato a febbraio (+4,0%), che ha fatto seguito alla caduta di gennaio (-3,4%) e dicembre (-1%). Nel complesso nel primo trimestre, quindi, si stima una diminuzione della produzione industriale dell’1,6% rispetto al quarto trimestre del 2021. L’ulteriore calo della produzione rilevato dal Centro studi in aprile (-2,5%) porta la variazione acquisita per il secondo trimestre a -2,5%, pregiudicando la dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre, dopo la flessione nel primo.
Inoltre gli ordini in volume diminuiscono a marzo dello 0,6% su febbraio, ad aprile dello 0,4%. Osserva Confindustria: “Dopo il dato positivo di febbraio, prevalentemente dovuto ad un effetto base statistico, continuano ad incidere i fattori che ostacolavano l’attività produttiva italiana già prima della guerra (rincari delle materie prime, scarsità di materiali), che nel primo trimestre si sono confermati molto rilevanti e l’insufficienza percepita di impianti e materiali si è significativamente acuita”. In aggiunta “i giudizi sui principali ostacoli alle esportazioni sono ancora negativi. La percentuale di imprese manifatturiere che hanno segnalato difficoltà in termini di costi e prezzi più elevati e tempi di consegna più lunghi è rimasta elevata, sebbene in attenuazione rispetto al quarto trimestre del 2021”.
La frenata della produzione ha riflessi sul clima di fiducia delle imprese sceso ai minimi dallo scorso anno. Secondo Csc infatti tra marzo e aprile si è registrata una decisa contrazione: in particolare l’indice per quelle manifatturiere è arrivato a 110,0, il valore più basso da maggio 2021 e si è assistito all’ulteriore flessione del PMI manifatturiero (fino a 54,5 punti, il punto di minimo da gennaio 2021). A questi fenomeni si è aggiunta una sensibile diminuzione nei giudizi e nelle attese sugli ordini (sia interni che esteri, questi ultimi in area di contrazione dopo cinque mesi consecutivi di espansione) e nei giudizi e nelle attese sui livelli di produzione delle imprese manifatturiere, il cui valore non toccava livelli così bassi da marzo dello scorso anno.
E anche le prospettive complessive virano decisamente in negativo. L’indice delle attese sull’economia italiana ha registrato un crollo da +0,6 a inizio anno fino a -34,8 di aprile, valore comparabile a quello di dicembre 2020. Il peggioramento dell’indice di incertezza della politica economica, che per l’Italia è salito a 139,1 punti a marzo per poi attestarsi su un valore poco inferiore in aprile (129,2 punti, +28,5% rispetto al 4° trimestre del 2021), per Confindustria, “accresce quindi i rischi di un ulteriore indebolimento”.