Erano partiti in quattro, ma al vaglio del consiglio generale di Confindustria, convocato domattina, è arrivato soltanto Emanuele Orsini, cui spetterà ora il compito di ricostruire l’unità dopo mesi di veleni e divisioni per dimostrare “anche a coloro che potrebbero aver avuto dei dubbi, la forza e l’autorevolezza di Confindustria”. Dopo il passo indietro di Alberto Marenghi e l’esclusione da parte del collegio dei saggi di Antonio Gozzi, l’ultimo a chiamarsi fuori è stato Edoardo Garrone.
Una rinuncia che “personalmente mi costa molto”, scrive nella sua lunga lettera all’associazione, ma “la scelta di anteporre il fine alla persona mi impone di fare un passo indietro e di consentire ad Emanuele Orsini di trovare quelle condizioni ideali per guidare Confindustria senza condizionamenti, e di poterlo fare con grande senso di responsabilità, in nome di un fine collettivo che è molto più importante di noi singoli”.
Gli ultimi conteggi dimostravano per Garrone, inizialmente favorito, l’impossibilità di vincere senza un accordo con Gozzi. Una mossa che, viene fatto notare, avrebbe probabilmente comportato l’inserimento nella squadra di governo, se non del presidente di Federacciai, sicuramente di qualcuno del gruppo che a lui fa riferimento, creando di rimando malumore nell’area che ha sostenuto la candidatura del numero uno di Erg. Ma “per avere una Confindustria forte, occorre innanzitutto mettere un candidato nelle condizioni di potersi scegliere la propria squadra e la propria struttura liberamente, senza alcun condizionamento e negoziazione che lo renderebbe debole e ne sancirebbe il fallimento sin dall’inizio”, scrive Garrone spiegando i motivi del suo ritiro.
Di fatto, è il ragionamento ai suoi, non c’era modo per una ricomposizione: si sarebbe comunque andati a guidare una Confindustria ingovernabile e profondamente spaccata. “Non serve all’Associazione che un candidato possa vincere per qualche voto, magari frutto di ‘impegni o scambi’ eccessivi e per me intollerabili e inaccettabili’ – è la stoccata – Solo sostenendo un unico candidato e mettendolo nella condizione ideale per forza e autonomia, si può garantire la miglior governabilità alla nostra Confindustria”. E dunque “ho informato Emanuele della mia scelta, dei motivi che l’hanno determinata, della forte responsabilità a lui affidata e della certezza che il successo delle decisioni che prenderà con autonomia e responsabilità, e nel solco dei valori e fini condivisi, sarà il successo di tutti noi”, chiosa Garrone.
Un gesto a cui Orsini ha reso onore con una sua lettera, ringraziandolo “per avermi messo nelle condizioni di poter scegliere la squadra migliore in totale libertà, mettendo al centro il nostro progetto”. “I valori che vi ha espresso nella sua bella e sentita lettera sono gli stessi che mi hanno ispirato quando mi sono proposto a voi per guidare il nostro Sistema”, scrive l’emiliano, ripercorrendo “lealtà, spirito di squadra, desiderio di ripristinare appieno il ruolo di una Confindustria a servizio delle imprese e della crescita del nostro Paese”, l’impegno in Luiss e Sole24Ore, la crescita e la necessità di non far distinzioni “tra grandi e piccoli” associati.
L’indicazione di Orsini da parte dei 185 delegati – che votano a scrutinio segreto – è a questo punto praticamente una formalità, anche se i numeri saranno indicativi. L’imprenditore emiliano, attuale vice presidente di Carlo Bonomi con delega a Credito, Finanza e Fisco, che ha avuto il suo sponsor in Antonio D’Amato, avrà due settimane per lavorare alla sua squadra di governo e a un progetto “portato avanti da persone competenti e all’altezza delle aspettative di tutti voi”. Poi, l’elezione in assemblea il 23 maggio, dove mai un candidato designato è stato bocciato. “Confido che tutti noi saremo coesi con l’obiettivo di essere forti e ascoltati – è l’appello di Orsini in vista del voto – La nostra responsabilità sarà grande, ma sono certo che insieme saremo in grado di riportare la nostra Confindustria a quella credibilità necessaria per avere un ruolo nelle scelte del nostro Paese”.