Nella decima edizione del Rapporto CONSOB sulla corporate governance delle società quotate
A fine 2021 il 41% degli incarichi di amministrazione nelle società quotate è esercitato da una donna, dato che rappresenta il massimo storico osservato sul mercato italiano, anche per effetto dell’applicazione delle normative sulle quote di genere. L’ingresso delle donne ha concorso a modificare le caratteristiche dei membri dei consigli di amministrazione, abbassandone l’età media, innalzandone la quota di laureati e aumentandone la diversificazione dei profili professionali. E’ quanto si legge nella decima edizione del Rapporto CONSOB sulla corporate governance delle società quotate italiane fornisce, anche per l’anno 2021, evidenze in merito ad assetti proprietari, organi sociali, assemblee e operazioni con parti correlate. Con riguardo al ruolo svolto nel board, in linea con quanto osservato negli anni precedenti, a fine 2021 si conferma limitato il numero di casi in cui le donne ricoprono il ruolo di amministratore delegato (16 società, rappresentative di poco più del 2% del valore totale di mercato) o di presidente dell’organo amministrativo (30 emittenti, rappresentativi del 20,7% della capitalizzazione complessiva), mentre prevale il ruolo di consigliere indipendente (tre casi su quattro). (
Nel 30% dei casi le donne sono titolari di più di un incarico di amministrazione (interlockers), circostanza che si verifica con maggior frequenza rispetto agli uomini. Il dato tuttavia mostra una flessione rispetto all’anno precedente e al massimo raggiunto nel 2019 (34,9% di donne interlockers) a seguito di una crescita significativa nel periodo 2013-2018 A fine 2020, la quota media del primo azionista degli emittenti italiani sfiora il 47,6%, in lieve calo rispetto ai valori di lungo periodo (48,7% nel 1998), mentre le famiglie continuano ad essere i principali azionisti di riferimento nel 64% dei casi. Rispetto al 2019, risulta in lieve diminuzione la presenza di investitori istituzionali nell’azionariato rilevante, a fronte di un aumento per la prima volta nell’ultimo decennio della presenza degli investitori istituzionali italiani, che detengono una partecipazione rilevante in 18 società quotate. Si conferma la progressiva riduzione della diffusione e dell’intensità della separazione fra proprietà e controllo, con una diminuzione dell’incidenza sul listino delle società parte di un gruppo verticale.
Aumenta invece la diffusione del voto maggiorato, previsto a fine 2020 nello statuto di 64 emittenti, rappresentativi di poco più del 17% del valore totale di mercato; gli azionisti hanno maturato la maggiorazione dei diritti di voto in 40 società. Il governo delle società quotate italiane continua a connotarsi per la prevalenza del modello di governo tradizionale. I consigli di amministrazione, la cui dimensione media continua ad attestarsi attorno a 10 membri, vedono aumentare di circa dieci punti percentuali, rispetto al 2011, la quota dei componenti indipendenti ai sensi del Codice di Corporate Governance o del Testo Unico della Finanza (TUF), portatasi a fine 2020 al 50%; cresce altresì la quota di società con almeno un amministratore di minoranza (oltre il 56% degli emittenti quotati vs il 37% circa nel 2011). In media almeno due amministratori in ciascun board siedono anche in organi di amministrazione di altri emittenti quotati (cosiddetti interlockers). Il collegio sindacale risulta composto in media da tre membri effettivi, dato sostanzialmente stabile nel tempo; le società con almeno un sindaco di minoranza sono il 59% del totale (a fronte 37% circa nel 2011).
In considerazione delle profonde evoluzioni strutturali in atto in materia di sostenibilità e digitalizzazione e della rilevanza per l’attività di impresa, il Rapporto censisce per la prima volta le competenze in questi ambiti degli amministratori delle società medio – grandi appartenenti agli indici Ftse Mib, Mid Cap e Star. A fine 2020 la quota di incarichi di amministrazione ricoperti da membri con competenze in materia di sostenibilità è pari al 14,6%, mentre il dato si attesta al 16% con riferimento alle competenze digitali; la quota di società con almeno un consigliere con competenze di sostenibilità o digitali si attesta, rispettivamente, a circa il 72% e a poco più del 74%; il 28% conta amministratori con entrambi i profili. Ulteriori approfondimenti riguardano i comitati endoconsiliari, rispetto ai quali si rileva, in particolare, la presenza del comitato sulla sostenibilità in 93 imprese a fine 2020 (76 nel 2019).
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