Il presidente della commissione d’inchiesta Giantonio Girelli (Pd) ha parlato in conferenza stampa al Pirellone

Quaranta sedute e 66 persone audite in tre anni, dal 2020 al 2022. Sono alcuni dei numeri della commissione d’inchiesta Covid della Lombardia che ha concluso i lavori travagliati, iniziati il 26 ottobre 2020. Gli atti sono stati desecretati oggi e le 255 pagine di documentazione rese pubbliche contribuiscono a fornire qualche elemento in più sullo tsunami coronavirus che ha colpito ormai due anni fa la Lombardia e poi il resto d’Italia, con le polemiche sulla mancata zona rossa nella Bergamasca e non solo. “Dalle relazioni e dai documenti si evincono i momenti di difficoltà e di criticità nei lavori come la mancanza di acquisizione di alcuni documenti come i verbali del Cts che non ci sono stati dati dalla Giunta regionale; l’impossibilità di avere un secondo passaggio in commissione del presidente Attilio Fontana; la non risposta dell’allora premier, Giuseppe Conte, a intervenire nei nostri lavori; l’iniziale disponibilità e poi la mancata presenza del commissario Domenico Arcuri”, chiarisce il presidente della commissione d’inchiesta Giantonio Girelli (Pd) in conferenza stampa al Pirellone. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, “ha mandato il capo dello staff del ministero ritenendo, in quel momento, non opportuna una sua partecipazione diretta. È intervenuto anche l’ex ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia”, aggiunge Girelli. “Ci ha uniti un forte filo conduttore istituzionale che ha evitato il rischio di trasformare questa Commissione in un palcoscenico o, peggio ancora, in uno show”, sottolinea il vicepresidente Mauro Piazza (Lega).

Fra le persone ascoltate dai commissari lombardi anche il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, e Gianni Rezza del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, oltre ai vari direttori sanitari lombardi e all’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera. I resoconti delle sedute non contengono virgolettati, ma delle “sintesi” per punti. “Quando Regione Lombardia, la notte tra il 20 e il 21 febbraio, comunicò che era stato diagnosticato il primo caso di infezione da Covid-19 a Codogno, fu subito chiaro, si dice, che ci si trovava di fronte ad un caso autoctono e che, dunque, era già in atto una catena di diffusione del contagio in Lombardia. Di più: la catena di trasmissione era già molto lunga, e, probabilmente, erano già attive non una, ma più catene di trasmissione del virus”, si legge in una parte della sintesi dell’intervento di Rezza. A proposito, invece, dell’audizione di Cartabellotta, si trova fra l’altro scritto che “si critica puntualmente il metodo con cui Regione Lombardia comunicava quotidianamente alla Protezione civile i dati sull’andamento dell’epidemia sul suo territorio. Il problema più grave, si dice, è consistito nel fatto che, nel report, Regione metteva insieme, riunendoli in un unico dato – quello dei ‘dimessi guariti’ – sia i guariti sia i dimessi, determinando evidentemente una distorsione anche nella comunicazione pubblica sull’andamento della pandemia”.

Sono due le relazioni finali, una di maggioranza e l’altra di minoranza, depositate al termine dei lavori della commissione d’inchiesta che saranno sottoposte all’esame finale de Consiglio regionale nella seduta del 12 aprile. Le opposizioni mettono nero su bianco che “mesi di audizioni con lo ‘stato maggiore della Sanità Lombarda’ possono essere, senza far torto a nessuno, riassunti nella frase: ‘Siamo stati bravissimi, abbiamo lavorato fino a tarda notte, è arrivato uno tsunami, che Regione ha gestito, nelle condizioni date, egregiamente’. Tale posizione risulta comprensibile ma non accettabile”. La maggioranza di centrodestra, invece, sostiene che “Regione Lombardia ha operato senza risparmiare sforzi e, in taluni casi, ha anticipato le disposizioni nazionali con l’unico scopo di offrire a tutti i cittadini le cure di cui avevano bisogno”. Ma le polemiche non mancano. Il consigliere di +Europa-Radicali, Michele Usuelli, chiede che vengano resi pubblici i verbali dei politici auditi in commissione. E non solo. Il capogruppo dem al Pirellone, Fabio Pizzul, parla di “grande reticenza” di Regione Lombardia, e sottolinea che la commissione d’inchiesta “aveva dei limiti: temporali, perché la maggioranza non ha voluto allargare l’arco di indagine anche alla fasi successive e limiti legati al fatto che, laddove si sta esercitando la magistratura, questa commissione non è potuta entrare”. Dal canto suo, il leghista Roberto Anelli attacca l’ex premier Conte: “Non pervenuto, è proprio scomparso dai radar”.

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