“Bambini e adolescenti superano l’infezione acuta da Sars-CoV-2 con una sintomatologia spesso lieve o addirittura assente”. Molti di loro, perciò, “non giungono all’attenzione del pediatra, ed eventuali sintomi che si presentano a distanza dalla fase acuta possono non essere correttamente riconosciuti dai genitori né associati al Covid”. È l’allarme lanciato dal gruppo di studio coordinato, che ha valutato su 8 regioni italiane più di 650 bambini che si sono ammalati di COVID tra ottobre 2020 e giugno 2021, perché il rischio di Long Covid aumenta dall’11,5% al 46,5% in caso di sintomi durante la fase acuta della malattia.
Del gruppo fanno parte il professor Enrico Bertino e la dottoressa Giulia Maiocco (Neonatologia universitaria della Città della Salute di Torino), il dottor Gianfranco Trapani (ASL1 Sanremo – Imperia), professor Vassilios Fanos (Università di Cagliari) e il professor Giuseppe Verlato (Università di Verona). Hanno riscontrato che “il 24% della popolazione pediatrica che ha superato la fase acuta del COVID con sintomi lievi o assenti soffre di disturbi correlati all’infezione da Sars-CoV-2 a distanza di almeno 2 mesi dalla guarigione, e fino a 9 mesi dalla stessa”. Il rischio di Long Covid aumenta significativamente avendo sviluppato sintomi in fase acuta, “dall’11,5% al 46,5%, mentre l’aver malattie concomitanti (asma, rinite allergica, ecc.) non causa nessun rischio aggiunto”. I risultati, frutto del primo studio multicentrico in Italia sul Long Covid con Città della Salute di Torino capofila, sono appena stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Italian Journal of Pediatrics.
I dati confermano e consolidano il valore delle raccomandazioni espresse dalla Società Italiana di Pediatria e da numerose altre Società scientifiche pediatriche: bambini ed adolescenti che hanno contratto il Covid, anche se in modo lieve, devono essere monitorati dai genitori e in caso di comparsa di sintomi vanno sempre visitati dal pediatra. I sintomi più frequentemente lamentati dai piccoli pazienti sono stati, nell’ordine: affaticamento (7%), problemi di natura neurologica – difficoltà di concentrazione, sensazione di annebbiamento e cefalea – (6,8%) e sintomi respiratori (6%). L’incidenza di Long Covid è quasi raddoppiata nei bambini più grandi e negli adolescenti rispetto ai più piccoli, passando dal 18,3% (0-5 anni) al 21,3% (6-10 anni), fino ad arrivare al 34,4% di rischio (11-16 anni). Nella fascia di età maggiore ai sintomi più tipici si possono associare ansia, agitazione, disturbi del sonno e del comportamento. L’unico tipo di patologia Long Covid che si riscontra invece più frequentemente nella prima infanzia è quella respiratoria, con l’11,4% di rischio nella fascia 0-5 anni contro il 3,8% dopo i 6″. Come sottolineano gli autori dello studio, “i risultati confermano l’importanza della vaccinazione in età pediatrica come strumento di prevenzione, anche dall’insorgere di patologia da Long Covid”.