Il terzo governo della XVIII legislatura volge (forse) al termine. Gli occhi sono puntati sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che terrà mercoledì 20 luglio in mattinata al Senato e nel pomeriggio alla Camera. Andando oltre i retroscena e le trame che si stanno tessendo tra i corridoi della politica, la crisi di governo è stata aperta e la grammatica costituzionale in questi casi ha un rigidissimo iter. L’ex capo della Bce ha rassegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale le ha rifiutate rimandandolo alle Camere. La crisi dunque è stata parlamentarizzata con la richiesta da parte del capo dello Stato di verificare se esiste una maggioranza che sostenga il governo dai lui stesso voluto e battezzato nel febbraio del 2021. La volontà di Draghi, per ora, è quella di non tornare sui suoi passi e lo scenario più accreditato è quello che il premier tenga il suo discorso e poi – interrompendo il dibattito e quindi non facendo svolgere il voto – salga al Quirinale per dimettersi per la seconda volta. Sia in caso di accettazione delle dimissioni e in caso contrario (come si ipotizza per permettere al capo del governo di avere pieni poteri fino a elezioni) si aprirebbe la strada che porterà alla nuova legislatura e al nuovo esecutivo con lo scioglimento delle Camere. Mattarella, senza aprire le consultazioni, comunicherà la data delle elezioni Politiche che dovranno tenersi tra i 45 e 70 giorni dopo lo scioglimento del Parlamento: sui calendari dei politici è già segnata in rosso la data del 2 ottobre, ma non si esclude nemmeno il 25 settembre e il 10 ottobre. Con questo schema, al momento, sembra escluso quindi il governo tecnico o traghettatore. La politica, tuttavia, ci ha abituato a colpi di scena e perché no anche ad effetti speciale, e in quattro giorni che ci dividono dalla verifica tutto ancora può accadere. Anche un Draghi bis.
ELEZIONI E FORMAZIONE DEL NUOVO PARLAMENTO – Dopo che gli italiani avranno espresso il proprio voto si procederà con la proclamazione degli eletti in Parlamento. Sarà la prima volta in cui si applicherà la legge sul taglio dei parlamentari che prevede 400 deputati e 200 senatori più i senatori a vita di nomina presidenziale che saranno non più di 5. Concluse le procedure per la composizione dei due rami del Parlamento (con la formazione dei gruppi e l’elezione dei capigruppo) sarà convocata la prima seduta di Camera e Senato per eleggere i presidenti dei rispettivi due rami del Parlamento.
FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO Solo dopo il completamento delle procedure parlamentari il presidente della Repubblica avvia le consultazioni del nuovo governo nello studio alla Vetrata.
PREMIER INCARICATO: Il presidente della Repubblica chiama al Quirinale il premier designato dai gruppi politici per conferirgli l’incarico, che accetta normalmente con riserva. In questo caso il premier incaricato avvia di persona delle Consultazioni con i gruppi politici per sondare la dispobilità a un eventuale sostegno. Alla fine dei colloqui il presidente del Consiglio sale al Quirinale e scioglie la riserva: confermando di essere o meno pronto ad avviare il nuovo esecutivo. In caso di incarico confermato, il presidente del Consiglio presenta al capo dello Stato la lista dei ministri, che dovranno essere nominati con decreto del presidente della Repubblica.
GIURAMENTO: La squadra di governo sarà accolta nel salone delle feste del Quirinale per il giuramento nelle mani del presidente della Repubblica. CERIMONIA DELLA
CAMPANELLA: E’ un tradizionale rito simbolico che si svolge a Palazzo Chigi nel quale avviene la consegna dello strumento con cui si dà inizio alle riunioni del Consiglio dei ministri e che segna formalmente il passaggio di potere tra il presidente del Consiglio uscente e quello entrante.
FIDUCIA ALLE CAMERE: Dopo l’avvicendamento tra i due presidenti, il neoeletto si presenta a Camera e Senato per verificare la fiducia del Parlamento. questo passaggio è così regolamentato dall’articolo 94 della Costituzione: “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. […] La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione”