La rigenerazione degli oli minerali usati consente all’Italia, di importare un milione e mezzo di barili di petrolio in meno ogni anno. Numeri importanti, soprattutto in un periodo in cui l’approvvigionamento energetico è diventato un tema così strategico. Se ne occupa il Conou, il consorzio ad hoc che opera nel nostro Paese dal 1984. “Dando nuova vita all’olio riusciamo a evitare equivalenti importazioni di petrolio. Ogni anno circa un milione e mezzo di barili possono non essere importanti perché noi dalla miniera del rifiuto, da una roba pericolosa che non può essere dispersa nell’ambiente, tiriamo fuori un milione e mezzo di barili nuovi di olio lubrificante”, spiega in un’intervista a LaPresse il presidente, Riccardo Piunti. In Italia “consumiamo circa 400mila tonnellate all’anno di oli lubrificanti, per i motori delle macchine, le fabbriche, le varie industrie. Quando l’olio ha finito il suo percorso di vita deve essere dismesso: noi lo raccogliamo in centomila punti in Italia, circa diecimila industrie e 90mila officine. Li selezioniamo e analizziamo, e poi li inviamo a rigenerazione per tornare a nuova vita”, spiega Piunti. Certo, la doppia crisi degli ultimi due anni si fa sentire. “La crisi energetica ha colpito anche la nostra filiera – ammette – abbiamo 60 aziende di raccolta e due grandi raffinerie di rigenerazione. Anche le nostre aziende, soprattutto quelle di rigenerazione, sono anche consumatrici di gas per cui c’è stato un impatto nel nostro sistema”. Mentre il Covid “ha mostrato anche la validità del modello consorzio, che ha dovuto agire a supporto delle imprese di rigenerazione e raccolta che sono sottoposte a costi fissi e hanno registrato un calo drammatico delle quantità e di mercato”. I lubrificanti, ricorda Piunti, “non si vendevano più nei primi due-tre mesi di pandemia ma non ci si poteva fermare. Il consorzio ha saputo gestire quanto stava accadendo sia dal punto di vista operativo che economico, la raccolta è continuata in modo regolare senza impatti, certo più fatica e attenzione ma nessuna interruzione”. Si può fare di più? “La virtuosità di questa pratica non è più sui volumi – spiega Piunti – quando il consorzio ha cominciato a lavorare nel 1984 si faceva la caccia all’olio, a quelli che lo buttavano nelle fogne. La battaglia è sulla qualità del rifiuto per mantenere i livelli di rigenerazione al 98-99%, un’assoluta eccellenza in tutta Europa”. Europa che, sottolinea il presidente Conou, oggi è al 60% e “punta a rigenerare l’85% dell’olio, noi siamo ben oltre. Perché non è come l’Italia? E’ anche un po’ merito del Consorzio, un sistema che gestisce i flussi dell’olio usato e garantisce la priorità alla rigenerazione, che è la chiave dell’economia circolare. Il fatto di avere un per il profitto, è fondamentale. L’Europa ci sta un po’ guardando, perché forse hanno un po’ da imparare da noi”. Un passo essenziale, anche perché “l’economia circolare è fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Nel mondo si estraggono ogni anno cento miliardi di tonnellate di risorse, e di questi ne rigeneriamo solo 8. Questo ci dice quanto è importante”.