Quest’anno le famiglie italiane spenderanno cifre più alte per le proprie vacanze rispetto all’estate 2020. Gli aumenti più consistenti si registrano per le città d’arte dove alloggiare in un B&B costa il 59% in più rispetto a due anni fa. Anche per chi vuole stare in hotel la spesa è molto più salata: il 49% in più rispetto al 2020. Questo quanto emerge dai dati diffusi da Altroconsumo, che ha analizzato i costi in sei località turistiche – Polignano a mare, Cervia, Ortisei, Selvino, Firenze e Napoli – includendo non solo città d’arte ma anche mare e montagna. È quest’ultima la meta più conveniente, con i prezzi che crescono meno: 5% per gli hotel e 25% per i B&B, mentre al mare gli hotel sono aumentati del 12% e i B&B del 31%. In media – calcola Altroconsumo – i costi per i soggiorni degli alberghi sono aumentati meno rispetto a quelli nei B&B: 22% contro 38%.
Infatti, l’aumento più consistente dei prezzi dei B&B rispetto agli hotel è una tendenza che si registra in tutte le località prese in esame e che raggiunge livelli molto alti per le città d’arte, dove invece i B&B risultavano particolarmente convenienti due anni fa. La spiegazione più probabile, secondo l’analisi, è che la pandemia abbia inciso in modo particolarmente rilevante su questo tipo di alloggi considerando che si tratta di strutture che hanno solitamente un numero di camere inferiore a quello di un albergo, che non possono somministrare altri pasti oltre alla colazione e che spesso sono gestiti in un contesto familiare. I B&B restano comunque – precisa Altroconsumo – le strutture con i prezzi più bassi, con 94 euro a notte contro i 115 per una stanza di hotel.
“Il caro energia e il conseguente impatto sui costi di alimenti e bevande sta trascinando l’andamento dei prezzi” commenta con LaPresse Maria Carmela Colaiacovo, Presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, definendola “una situazione che sta mettendo a dura prova gli operatori che non riescono ad assorbire i rincari di energia e materie prime”. Stessa spiegazione offre Massimo Nucara, direttore di Federalberghi secondo cui “l’aumento dei prezzi delle strutture ricettive è dovuto soprattutto all’aumento dei costi. In primis quello dell’energia, influenzato anche dall’eccezionale ondata di caldo, che fa girare gli impianti di condizionamento a tutta manetta. Ma, più in generale, aumentano tutti gli approvvigionamenti, perché tutto viene trasportato e il prezzo del carburante è andato alle stelle”. Ma attenzione, avverte Nucera, perché il dato è inferiore alla media generale: “secondo l’Istat a giugno 2022 i servizi ricettivi e di ristorazione registrano infatti un aumento dei prezzi del 7,2%, contro una media dell’8,0%”.
Anche Francesco Bechi, presidente di Federalberghi Firenze imputa l’aumento dei costi al caro-energia, che pesa particolarmente sul settore dei servizi, facendo presente che le criticità sono molte. “Prendiamo in considerazione le lavanderia industriali: vanno a elettricità quindi è chiaro che gli aumenti energetici si ripercuotano su l’intera filiera dei servizi”. Rispetto al calcolo di Altroconsumo, evidenzia poi un altro dato rilevante: nell’estate 2020 eravamo ancora in fase di pandemia e, sebbene fosse in flessione, continuava ad essere un momento di grande difficoltà per il settore. Quindi è chiaro che le tariffe ne risentivano, le strutture avevano una disponibilità molto elevata e cercavano di recuperare il recuperabile vendendo anche sottocosto”. Dunque secondo Bechi il riferimento non è corretto. Al contrario, “bisognerebbe vedere il dato sul biennio 2018-2019. Nelle mie strutture – conclude – siamo in parità tariffaria con un +3-5% al massimo. Per quanto ci riguarda quindi i valori in questo momento nelle città d’arte sono solo in leggero aumento in alcuni casi”.