La promessa è anche quella di nuove misure in favore di famiglie e imprese
Si fa sempre più pressante il controverso tema dell’embargo energetico alla Russia e dell’indipendenza dell’Italia e dell’Europa da Mosca Il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, nella conferenza stampa al termine della riunione dell’Eurogruppo a Lussemburgo, per ora fa sapere che “non stiamo prendendo ora misure sull’embargo del gas ma in futuro penso che questo non sia fuori dal tavolo”.
“Tutti sappiamo che le sanzioni hanno un impatto sull’economia europea – ha proseguito -. E che se vogliamo rispondere a questa azione militare con strumenti economici, dobbiamo affrontare questo costo. Se le sanzioni vengono estese a un embargo sul gas, ovviamente, questo impatto aumenterà”.
Intanto Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, ritorna sull’argomento, promettendo anche nuove misure in favore di famiglie e imprese. Il nodo è quello della diversificazione dal gas russo. “Ci sono negoziazioni in corso con paesi come Algeria, Azerbaigian, Libia per aumentare le importazioni di gas entro fine 2024 per oltre 20 miliardi di metri cubi” è l’annuncio: “nelle prossime settimane chiudiamo i primi accordi. Molto promettenti”. Lo scopo è avere “una decina di miliardi di metri cubi entro l’anno”, dice Cingolani.
Parola d’ordine “l’indipendenza e una maggior resilienza del paese”, dell’Italia. Italia che con la crisi energetica e i prezzi schizzati alle stelle fa i conti, nella contabilità industriale, come in quella delle famiglie. “Abbiamo speso 21 miliardi negli ultimi 9 mesi, sia per le aziende che per i cittadini. Lo sforzo è stato grande. Ci sono dei piccoli margini, ma dobbiamo fare i conti con le risorse”.
Indipendenti dal punto di vista energetico significa esserlo soprattutto dal gas di Mosca, arma di pressione di Vladimir Putin.
Ma quanto siamo dipendenti in Italia dai rubinetti russi?. Gianclaudio Torlizzi, direttore generale della società di consulenza finanziaria T-Commodity, a LaPresse fornisce delle cifre: “L’Europa – sintetizza l’analista- consuma annualmente circa 550 miliardi di metri cubi di gas, di cui 150 circa vengono dalla Russia, quasi il 30% circa. Fare a meno di questi volumi è particolarmente sfidante. L’Italia consuma oltre 70 miliardi di metri cubi annui, di cui circa 30 miliardi arrivano dalla Russia, circa il 40%. Una dipendenza maggiore quindi la nostra, rispetto ad altri Paesi europei”.
Come si può ridurre questa dipendenza da Mosca? “racimolando 10 miliardi di metri cubi in paesi come Algeria o altri ad esempio. – dice Torlizzi -Ma questa emancipazione per essere realizzata in modo risolutivo richiede del tempo. Se la si vuole subito, bisogna essere pronti però a pagare il gas molto più di ora. E adesso già ci costa 10 volte di più a livello medio che nel 2020. La media nel 2020 era di 10 euro a megawatt/ora, nel 2022 è 101 euro. E non è detto che in pochi mesi si possano sostituire i 30 miliardi di metri cubi russi. L’Algeria è sicuramente la prima alternativa alla Russia, poi c’è l’ampliamento del Tap. Si aggiunge l’ampliamento della capacità domestica italiana, ma non si tratta di grandi cifre: da 2,5 miliardi a 4 miliardi di metri cubi, forse 5 ma è un po’ complicato. Qualcosa sotto forma di gas liquefatto si può racimolare anche dalla Nigeria. Il grosso dovrebbero farlo gli Stati Uniti. Ma dagli Usa nel 2021 sono arrivati in Europa circa 100 miliardi di metri cubi e quest’anno è previsto possano arrivare un massimo di 120 miliardi. – spiega Torlizzi -Quindi non compenserebbero interamente l’ammanco russo”. E l’analista mette in guardia: “Attenzione, perché affrancarsi dal gas russo può voler dire poi che ci mettiamo nelle mani della filiera cinese dell’elettrico. E questo significa finire dalla padella alla brace”.
La visibilità a breve sugli effetti di uno stop del gas russo sembra non fare paura al titolare del dicastero della Transizione ecologica: “I primi mesi non sarebbero critici, perché abbiamo riserve non grandissime ma sufficienti ad affrontare i prossimi mesi, anche con la prossima stagione in arrivo”. Ma per Cingolani “la madre di tutte le battaglie è un limite internazionale al prezzo del gas”. E l’Italia ha la sua posizione. E – come dice il ministro – si è fatta promotrice del prezzo limitato “che potrebbe cambiare tutto, ci sono allo studio ancora diverse misure e bisogna anche fare i conti con le disponibilità finanziarie. Ci stiamo lavorando”.
Lo scienziato ‘prestato’ alla politica spiega la questione: “Stiamo facendo una battaglia molto forte a livello europeo, il price cap è un concetto introdotto da noi e adesso lo stanno analizzando molto attentamente in Commissione. Se fosse una cosa europea avrebbe più senso”.
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