Il nostro governo ha sollevato tre obiezioni: la questione dell'obbligatorietà della riduzione del 15% dei consumi, il target stesso del 15%, ambizioso e difficile da raggiungere, e il principio del target orizzontale e uguale per tutti
Sono ore di trattative tra gli Stati membri e la Commissione europea sul piano di emergenza gas. In un quadro “frastagliato” in cui Spagna, Portogallo, Grecia e Polonia hanno alzato la voce, l’Italia è tra i paesi più critici alla proposta presentata mercoledì dall’Esecutivo Ue per imporre a tutti i paesi un taglio obbligatorio del 15% dei consumi di gas in caso di stato di allerta. Il nostro governo – riferiscono fonti diplomatiche – ha sollevato tre obiezioni, condivise anche da altri paesi: la questione dell’obbligatorietà della riduzione del 15% dei consumi, che di fatto favorisce la Germania (più dipendente dal gas russo) e non tiene in considerazione chi finora ha fatto sforzi in termini di efficienza, diversificazione delle fonti e modernizzazione degli impianti; il target stesso del 15%, che molti considerano troppo ambizioso e difficile da raggiungere nel periodo da agosto a marzo; e il principio del target orizzontale e uguale per tutti, per le ragioni di iniquità menzionate.
Vi è poi l’altro punto che ha suscitato la protesta di fatto di quasi tutti gli Stati: i poteri che la Commissione chiede per dichiarare lo stato di allerta. Per quanto da Palazzo Berlaymont si dica che sono gli Stati a decidere, la proposta originaria di regolamento prevede solo un parere da parte del Consiglio, lasciando alla Commissione la facoltà di dichiarare l’allerta in virtù della procedura d’urgenza prevista dall’articolo 122 del Trattato. Su questo la posizione degli Stati è stata netta nella riunione degli ambasciatori dell’Ue di oggi, tanto che il punto è stato il primo a saltare nella trattativa che si è aperta con la Commissione. Hanno protestato anche Spagna e Portogallo, nonostante la proposta di regolamento prevedesse la possibilità di richiedere una riduzione del 5% invece del 15% per i paesi che non sono sufficientemente connessi alla rete europea, e la penisola iberica potrebbe rientrare nell’eccezione. “Non accetteremo sacrifici su una questione su cui non ci è stato nemmeno permesso di esprimere la nostra opinione”, aveva affermato la ministra spagnola per la Transizione ecologica Teresa Ribera, aggiungendo che “qualunque cosa accada, le famiglie spagnole non subiranno tagli al gas o all’elettricità nelle loro case”. Per il Portogallo, invece, la misura proposta è “insostenibile” e “sproporzionata”, mentre la Polonia chiede una vera solidarietà”, anche sul sistema delle quote di scambio delle emissioni Ets.
A conti fatti, non ci sarebbe la maggioranza qualificata, del 55% con il 65% della popolazione rappresentata, necessaria ad approvare il provvedimento al Consiglio straordinario Energia di martedì. “In queste ore la Presidenza ceca sta cercando di lavorare insieme alla Commissione sul testo per cercare di smussare al massimo gli ostacoli anche se non è chiaro se si riesca a trovare una soluzione in tempo utile per il Consiglio”, ha commentato una fonte diplomatica di Bruxelles. Lunedì potrebbe esserci un altro Coreper, la riunione degli ambasciatori Ue, con l’obiettivo di portare un accordo al Consiglio e approvarlo poi con procedura scritta. Sarebbe l’ultimo atto prima della pausa estiva, si chiama piano di preparazione per l’inverno, ma potrebbe servire molto prima.
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