La decisione di imporre misure sul settore energetico è stata fino ad oggi rimandata e lasciata come ultima "arma"
Finora tutti i paesi dell’Unione europea hanno sempre dimostrato unità sui quattro pacchetti di sanzioni adottati contro la Russia. La decisione di imporre misure sul settore energetico è stata però sempre rimandata e lasciata come ultima “arma” perché creerebbe un impatto molto forte sui paesi Ue in termini economici e di approvvigionamento. Secondo il think tank Bruegel, l’Ue arriva a versare a Mosca fino a 800 milioni di euro al giorno per le forniture di combustibili fossili. Un flusso di entrate con cui il Cremlino finanzia la guerra e che, se venisse meno l’acquirente Europa, Mosca non riuscirebbe a rimpiazzare.
Nei prossimi giorni saranno diverse le riunioni e i vertici fra i 27 per confrontarsi e trovare, eventualmente, un compromesso fra le diverse posizioni:
LA LINEA DURA: PAESI BALTICI E POLONIA. A spingere per lo stop al gas russo, qualunque sia il costo delle conseguenze, sono i tre paesi Baltici e la Polonia. Estonia, Lettonia e Lituania hanno subito la dominazione sovietica e sono i più esposti a eventuali attacchi da Mosca, essendo confinanti con la Russia. Pur essendo grandi importatori di gas russo, chiedono da tempo di imporre da subito il interrompere il flusso di gas da Mosca. La Lituania ha deciso in autonomia di fermare il flusso del gas russo nel paese e sostituirlo con gas liquefatto (gnl) importato via mare. Sulla stessa linea la Polonia, che sta ospitando più di 2,5 milioni di profughi ucraini, e che funge da hub per l’invio di armi e aiuti umanitari a Kiev. Anche la Repubblica Ceca e la Slovacchia si sono dette favorevoli al blocco del petrolio russo.
IL POSSIBILE VETO DELL’UNGHERIA. La posizione contraria più netta è stato finora del governo di Budapest, che ha espresso apertamente la possibilità di mettere un veto. Orban prima dello scoppio del conflitto si era recato a Mosca per concordare un aumento di forniture di gas. Non solo: si è rifiutato di far transitare sul suo territorio le armi che l’Ue ha deciso di mandare a difesa dell’Ucraina. La vittoria alle elezioni di domenica, salutata con favore anche da Putin, consolida la posizione ungherese. La linea soft dell’Ungheria verso Putin ha spaccato il gruppo di Visegrad, con l’allontamento di Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca da Budapest.
FRANCIA PER SANZIONI SU PETROLIO E CARBONE. Il presidente francese, Emmanuel Macron, è stato il primo a suggerire di allargare il quinto pacchetto di sanzioni Ue in preparazione all’energia. “Quello che è appena successo a Bucha richiede una nuova serie di sanzioni e misure molto chiare”, ha affermato Macron, “sono favorevole a un pacchetto di sanzioni, in particolare su carbone e petrolio, che sappiamo essere particolarmente dolorosi”.
AUSTRIA E GERMANIA CONTRARIE A SANZIONARE IL GAS, ITALIA NON PONE VETI. A frenare sull’ipotesi di gas sono anche Austria e Germania. Berlino, invece, tra i più grandi importatori di gas russo assieme all’Italia, vuole prendere tempo e teme che uno stop immediato potrebbe causare forti conseguenze all’economia tedesca. “Dobbiamo tagliare tutte le relazioni economiche con la Russia ma al momento non è possibile tagliare le forniture di gas: abbiamo bisogno di un po’ di tempo”, ha detto il ministro delle Finanze, Christian Lindner. Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha dichiarato di essersi pentito di aver sostenuto la costruzione del gasdotto Nord Stream 2, ora cancellato, tra il suo paese e la Russia. Apertamente contraria anche l’Austria. Il titolare delle Finanze Magnus Brunner ha detto che il governo di Vienna “non è a favore delle sanzioni per il gas” perché “tutte le sanzioni che colpiscano più noi che i russi non sarebbero una buona cosa ed è per questo che siamo contrari alle sanzioni sul petrolio e sul gas”. L’Italia, che è sempre stata accostata alla Germania, per il forte impatto che uno stop al gas russo potrebbe avere sull’economia, si è detta pronta a votare qualsiasi misura i paesi Ue riterranno opportuna, senza porre veti.
LA SPINTA DI USA E GRAN BRETAGNA AL G7. Come già avvenuto in passato, una spinta per l’Ue potrebbe arrivare dagli alleati del G7 Usa e Regno Unito. Gli Stati Uniti avevano già annunciato l’8 marzo scorso un ordine esecutivo per vietare l’importazione di petrolio russo, gas naturale liquefatto e carbone nel paese. La Gran Bretagna ha fatto sapere che farà pressioni sugli alleati per congelare tutte le banche russe e abbandonare il petrolio e il gas russo.
IN CERCA DELLA QUADRA PER NON ROMPERE L’UNITA’ UE. L’approvazione delle sanzioni richiede l’uninamità di tutti i paesi dell’Ue. Esiste anche l’ipotesi di un’astensione costruttiva che faccia passare il provvedimento. In ogni caso, non sarebbe un buon segnale da mandare alla Russia di Putin, che aveva scommesso sulla divisione dell’Ue e del blocco occidentale. La Commissione europea sta lavorando con i vari paesi con l’intento di trovare un compromesso. Al momento l’opzione che sta raccogliendo più consenso è quella di bloccare l’import di petrolio e carbone e lasciare da parte il gas. Oppure di mettere dei dazi sull’importo dei due idrocarburi per sfavorirne l’acquisto.
© Copyright Olycom - Riproduzione Riservata