Speronamenti fra imbarcazioni, ancore aggrovigliate, “difficoltà enormi per recuperare mezzi e persone” che si trovano “in balia delle onde”. “Prima o poi ci sarà il morto, ogni notte di maltempo è la stessa storia”. A denunciare la situazione critica di Ponza (LT) quando si abbattono venti e tempeste è Umberto De Maio, il ‘re’ dei barcaioli dell’isola che dà sul litorale laziale, imprenditore con 13 dipendenti nella sua ditta di ormeggio e noleggio.Quella che racconta è “una situazione che prosegue da decenni senza mai cambiare” come non cambia la potenza “del vento di Levante che entra” e mette a repentaglio la sicurezza di barche e turisti giunti a passare la stagione o qualche giorno sull’isola.
In sintesi: ciò che avvenuto, anche nelle ultime sere di allerta gialla, riguarda la conformazione del porto e dei pontili: c’è un “porto rifugio, di epoca borbonica, che al suo interno può contenere un centinaio di imbarcazioni protette da onde e venti – spiega De Maio – e la rada dove ormeggiano i turisti gettando le àncore, soprattutto dopo le 7 di sera, per raggiungere la terra con i tender”. È lì, in quel tratto di mare di 8-10mila metri quadrati, che si è abbattuto il maltempo senza trovare alcun argine.
“Bisogna ringraziare che la tempesta ci ha sfiorati. Se ci avesse preso in pieno ci sarebbe stato il morto”, ribadisce l’ormeggiatore raccontando episodi e aneddoti di ogni genere con la necessità d’intervento della capitaneria di porto di Ponza coadivuta dai professionisti dell’isola come De Maio che però non hanno macchinari e attrezzatture per le operazioni di salvataggio.Il progetto per mettere in sicurezza quell’area è di lunga data – spiega Umberto de Maio – senza mai essere stato realizzato. “Io ne senso parlare da 45 anni del ‘braccio’, una barriera, una diga che andrebbe in protezione della rada dove ogni anno è la stessa storia”. “Così non si può andare avanti – conclude con una provocazione -. Non è una bella figura per l’isola e piuttosto che lavorare così che ci ritirassero le concessioni”.