Aveva previsto che la figlia Diana, di appena 18 mesi, lasciata sola in casa per una settimana, potesse morire o comunque potesse stare molto male. Ha preferito, però, non tornare da lei, nell’appartamento di via Parea a Milano dove abitava, e non chiedere alla sorella, con cui aveva un rapporto molto teso, di occuparsi per qualche giorno della piccola. Si era limitata a sperare che, com’era già accaduto altre volte, al suo ritorno dopo qualche giorno di assenza la piccola stesse bene. É questa la ricostruzione che Alessia Pifferi – la 37enne arrestata per omicidio volontario aggravato dai futili motivi per la morte della figlia – ha tracciato davanti al gip Fabrizio Filice, che ne ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere. La donna si era allontanta per una settimana, dal 14 al 20 luglio, per stare con il compagno che abita a Leffe, in provincia di Bergamo. La coppia, che aveva anche convissuto proprio nel periodo in cui era nata la bimba, si era separata. Nell’ultimo periodo, però, Alessia Pifferi aveva riallacciato i rapporti con l’uomo che aveva conosciuto dopo la separazione dal marito ma che non era il padre della piccola. “Io ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con il mio compagno – ha ammesso la donna – e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire; è per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere in quei giorni in cui ero con lui anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire”.
Anche le temperature da record registrate a Milano tra il 14 e il 20 luglio, nei giorni in cui la donna era andata a Leffe dal compagno, l’avevano preoccupata. Ma non al punto da tornare a casa ad accudire la figlia, che aveva lasciato nel lettino da campeggio, con alcuni biberon d’acqua e un paio di biberon di latte. A casa della donna è stato anche trovato un falcone di tranquillanti, ma solo dall’esito dell’autopsia, che verrà eseguita nei prossimi giorni, sarà possibile capire se li abbia somministrati alla figlia. Al compagno la 37enne aveva detto che la bambina era in vacanza con la sorella, l’unica ad avere le chiavi del suo appartamento. La due donne, però, avevano interrotto i rapporti da un paio di mesi. Alla madre, invece, Alessia Pifferi aveva raccontato di essere a casa del compagno insieme alla piccola. Nessuno si è preoccupato fino a mercoledì mattina, quando la donna è rientrata a Milano e ha trovato la figlia priva di vita. A quel punto il suo castello di bugie è crollato. La donna davanti agli inquirenti ha ammesso che, con il passare dei giorni, aveva “paura che la bambina potesse morire; d’altra parte però – ha aggiunto davanti al gip – avevo anche paura della reazione del giudizio negativo della sorella, sia della reazione del compagno. Se ora ci ripenso – ha aggiunto – la mia percezione è che quelle due paure avessero pari forza senza che una prevalesse sull’altra”. Non era la prima volta che la piccola Diana veniva lasciata da sola a casa, anche per 48 ore.
Già in altre occasioni la 37enne era andata a trovare il compagno senza di lei . “Mi diceva che preferiva venire senza di lei cosi ‘respirava'”, ha riferito l’uomo agli inquirenti. Questa volta, però, i giorni sono passati e la donna, per timore che creare un ulteriore motivo di attrito con il compagno, ha evitato di menzionare la figlia o di andare da lei. Anche il 18 luglio, era tornata a Milano per un appuntamento di lavoro dell’uomo, aveva evitato di andare in via Parea. Ad un certo punto, però, ha ammesso di “avere concretamente paura che la bambina morisse” ma si “augurava che non succedesse. “Questo augurio – ha ammesso – nella mia mente un po’ era una specie di speranza, un po’ era il pensiero che magari le cose che le avevo lasciato le bastassero”. Ma purtroppo non è stato così.