Alla caserma Lungaro di Palermo è stata allestita la camera ardente di Vincenzo Agostino, morto domenica a 87 anni. Padre di Nino, poliziotto cacciatore di latitanti di mafia, ucciso il 5 agosto 1989 insieme alla moglie incinta ha passato la vita alla ricerca della verità sulla morte del figlio. Dopo anni di depistaggi è arrivata una condanna con rito abbreviato mentre è ancora in corso il rito ordinario per due accusati ll boss Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, un amico dell’agente. Con la sua lunga barba bianca era diventato un simbolo: se la sarebbe tagliata solo quando i colpevoli sarebbero stati condannati.
“Lo abbiamo tutti conosciuto, frequentato e rispettato, per il dolore ma anche per ciò che ha voluto, attraverso la sua presenza, denunciare”, ha affermato il sindaco di Palermo Roberto Lagalla. “Non è riuscito ad avere questa giustizia per la quale ha lottato per tutti questi anni per un soffio. Si pensava che a fine giugno o i primi di luglio avremmo avuto questa tanto agognata sentenza. Non immaginavano di doverlo seppellire con la barba e i capelli lunghi”, ha detto il nipote Nino Morana