I pro e i contro della riforma costituzionale su cui punta l'esecutivo Meloni

Il cosiddetto premierato è una delle riforme costituzionali su cui più punta il governo Meloni. Ai microfoni di LaPresse Alfonso Celotto, professore di Diritto Costituzionale all’Università di Roma Tre, affronta i pro e i contro di una riforma che modificherebbe radicalmente il rapporto tra potere politico nazionale ed elettori. “Sicuramente sulla carta, per come è scritta la riforma del premierato, si toglie un potere al Presidente della Repubblica cioè quello di scegliere il presidente del Consiglio” spiega Celotto. “Nel 2018 le elezioni furono vinte in parte forse da Di Maio e in parte dal centrodestra ma venne scelto Giuseppe Conte. Questo non sarebbe più possibile. Il primo presidente del Consiglio con il premierato sarebbe scelto dagli elettori e come secondo, perché dovrebbero essere possibili solo due governi a legislatura, deve essere scelta una persona nell’ambito della maggioranza e nell’ambito del Parlamento. Quindi questo avrebbe escluso un Draghi, che era un tecnico, e un Conte, che non era parlamentare”. Un compromesso non semplice quello da trovare tra stabilità dei governi e rappresentatività degli stessi agli occhi degli elettori. “Dal 2018 abbiamo visto governi di ogni colore, quasi di ogni minestra” continua il professore. “Quindi probabilmente risponde più alla volontà degli elettori avere un governo connotato rispetto al voto della maggioranza o è più una questione di bilanciamento della forma parlamentare per cui cerco comunque un governo e si fa come nel 1994 quando cade Berlusconi e invece di votare si sceglie Dini? È tipico della forma parlamentare cercare di formare un nuovo governo. Invece arrivare a una forma di premierato rende il sistema più simile al sindaco o al presidente di Regione per cui se cade l’eletto si va a votare”.

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