No del Cairo anche ad incontro fra guardasigilli Cartabia e suo omologo
Processo Regeni sospeso in attesa di comunicazioni dall’Egitto, che potrebbero non arrivare mai.
Il gup di Roma, Roberto Ranazzi, dispone una ulteriore pausa nel procedimento sull’omicidio di Giulio Regeni e fissa una nuova udienza, il 10 ottobre, per valutare eventuali sviluppi.
Il rifiuto di collaborare da parte dell’Egitto “è un dato di fatto”, evidenzia il giudice, e “sono del tutto pretestuose le argomentazioni proposte dalle autorità egiziane”, che non hanno risposto alle richieste arrivate da ministero della Giustizia e inquirenti. La decisione del gup arriva dopo le comunicazioni del ministero della Giustizia e del Ros, che hanno ribadito la chiusura da parte dell’Egitto a qualsiasi forma di collaborazione e l’impossibilità di conoscere il domicilio degli 007 indagati, necessario alle notifiche e all’apertura del processo.
Il 10 ottobre sarà sentito il direttore generale di via Arenula, Nicola Russo, su eventuali sviluppi, intanto il ministero ribadisce “il rifiuto dell’Egitto di collaborare nell’attività di notifica degli atti”, cui si aggiunge il no arrivato dal Cairo a un incontro tra la guardasigilli Marta Cartabia e il suo omologo. Il direttore della cooperazione giudiziaria italiana si è recato in Egitto per un incontro durante il quale le autorità del Cairo hanno evidenziato come, la competenza sul caso sia della procura generale per la quale l’indagine è chiusa. E dal canto loro i carabinieri del Ros sono riusciti a recuperare il solo indirizzo dei luoghi di lavoro degli imputati che, codice alla mano, non può essere utilizzato per le notifiche in sede processuale.
“Chiediamo che il presidente Draghi, condividendo la nostra indignazione, pretenda, senza se e senza ma, l’elezione di domicilio dei quattro imputati dal presidente al-Sisi e ci consenta lo svolgimento del processo per ottenere giustizia”, è il commento dell’avvocato Alessandra Ballerini, legale di Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio.
“Il governo alzi la voce e la faccia sentire – prosegue – bisogna permettere a questo processo di andare avanti. Oggi è stata un’ennesima presa in giro per tutti voi. Ed essere inermi consentirebbe l’impunità degli assassini di Giulio ed equivarrebbe ad essere loro complici”.
I quattro agenti egiziani coinvolti, Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, sono accusati di sequestro di persona, mentre Abdelal Sharif risponde anche di lesioni e concorso nell’omicidio.
Giulio venne rapito la sera del 25 gennaio 2016 e il suo corpo martoriato fu trovato nove giorni dopo, lungo la strada che collega Alessandria a Il Cairo. Da allora si sono susseguite bugie, false piste e ricostruzioni che, da parte egiziana, hanno sempre cercato di screditarlo. La procura di Roma è convinta che sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.
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