Una (quasi) intesa sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura. Si sblocca l’impasse in maggioranza dopo la riunione fiume di ieri, scandita da stop and go tecnici e da cellulari fuori uso tra le mure dell’Ucciardone di Palermo. Il sottosegretario, Francesco Paolo Sisto, al termine dell’ennesimo confronto annuncia “un ampio accordo” esprimendo “soddisfazione per il maturo atteggiamento tenuto dai gruppi, sotto la regia della ministra Cartabia. Ora avanti con i lavori della Commissione Giustizia per poter rispettare i tempi previsti”. Si chiude, dunque, con i nodi che finora avevano bloccato l’iter in Parlamento, praticamente sciolti, ma con distinguo. Alla fine Forza Italia e Lega scelgono di risolvere in commissione e non nella sede di palazzo Chigi, così come era stato paventato ieri, con l’ipotesi che fosse l’incontro di martedì tra Mario Draghi e i leader, Matteo Salvini e Antonio Tajani, a risolvere il rebus.
“Tutti hanno rinunciato a molto per trovare una mediazione“, è la sintesi dopo due ore di confronto in video collegamento. Sulla legge elettorale la quadra è stata trovata sul sorteggio delle Corti d’appello per andare a formare i collegi elettorali, attraverso un sistema che resta maggioritario binominale con un correttivo proporzionale. Sulla separazione delle funzioni, invece, è consentito un solo passaggio da giudice a pm e viceversa entro i 10 anni. Un accordo di massima che prevede il ritiro degli emendamenti da parte delle forze di maggioranza, tranne Italia Viva che, come annunciato, voterà le sue proposte di modifica, e la Lega che si è riservata di decidere se votare le proposte di modifica che riguardano i temi oggetto dei referendum sulla giustizia (tra cui anche la separazione delle funzioni).
E il dribbling dei due partiti non piace, però, al Partito democratico che attacca: “E’ stata raggiunta un’intesa, ma un grande nodo politico resta ancora aperto: due forze politiche di maggioranza, Italia Viva e Lega, ancora non ritirano gli emendamenti sui quali c’è parere contrario del governo e resta ambiguità su come voteranno in commissione. Questo non è accettabile”, dice Anna Rossomando. A fargli eco Federico Conte, di Leu: “L’accordo raggiunto oggi tra la maggioranza e la Ministra Cartabia è il punto di equilibrio più avanzato. Nessuno di può assumere il rischio di farlo saltare. Sarebbe da irresponsabili”. Soddisfatta Forza Italia che già ieri aveva cercato di condurre la mediazione: “Nell’accordo raggiunto oggi, passano due obiettivi storici, ultra ventennali, di Forza Italia. Per la prima volta facciamo una riforma non dettata da Anm ma dalla volontà politica”. Dalla Lega arriva il sigillo – con distinguo – di Giulia Bongiorno: “Sosteniamo il ministro Cartabia che sta cercando un punto di equilibrio tra partiti che hanno visioni diverse della giustizia. In modo costruttivo abbiamo proposto anche un metodo elettorale fondato sul sorteggio degli elettori anziché degli eletti. Naturalmente la strada del vero cambiamento passa dai referendum”. Tranchant il giudizio dell’Anm: “Il disegno complessivo mi pare sia quello di trasformare i magistrati in burocrati: un’impostazione figlia di un grave errore di prospettiva”.
Ora la riforma, che il Guardasigilli, aveva definito “ineludibile”, può proseguire il suo iter. Lunedì la commissione Giustizia avvierà le votazioni dei sub emendamenti con l’obiettivo di far approdare il testo in aula il 19 aprile, come da calendario. Un primo traguardo da raggiungere che, si teme, potrebbe ancora riservare tensioni.