Sempre più alta la preoccupazione per l'impatto del conflitto russo-ucraino sui prezzi delle materie prime
E’ sempre più alta la preoccupazione per l’impatto del conflitto russo-ucraino sui prezzi delle materie prime, ‘impazziti’, come quelli del nichel, ma non solo. Il Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, detto ‘Misterprezzi’, audito alla Camera, in commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori, ha parlato di “impennata dei prezzi e del ruolo russo primario nell’export”.
“In uno scenario di mercato che già nel 2021 aveva mostrato tensioni al rialzo per le quotazioni dei metalli industriali, per effetto dell’aumento del costo dell’energia, del rallentamento nella seconda metà dell’anno della produzione siderurgica cinese e dei problemi alle catene di approvvigionamento globali – sottolinea Mineo – lo scoppio del conflitto russo-ucraino ha fornito un’ulteriore spinta verso l’alto alle quotazioni”.
Russia e Ucraina, nella crisi delle materie prime, fa rima con Italia e con l’industria italiana. “Tra i prodotti maggiormente colpiti dagli aumenti ci sono i cosiddetti prodotti piani (coils, lamiere da coils, nastri e lamiere da treno)- ricorda Mineo – che rappresentano una quota maggioritaria del consumo nazionale di acciaio, trovando impiego in molti settori industriali a cominciare dall’edilizia, dalle infrastrutture. Russia e Ucraina rivestono un ruolo importante come fornitori di acciaio dell’Unione Europea e dell’Italia (oltre 5 milioni di tonnellate importate nei primi undici mesi del 2021), soprattutto di materie prime e semilavorati (bramme lavorate a caldo per la produzione di laminati e lamiere da treno) e il blocco degli approvvigionamenti conseguenti all’inizio della guerra ha quindi determinato una forte riduzione delle disponibilità per le acciaierie italiane, limitandone l’operatività e spingendo in alto le quotazioni di prodotti quali coils e laminati mercantili”.
Tra i metalli maggiormente colpiti c’è proprio il nichel, utilizzato sia dall’industria siderurgica per la produzione di acciaio inox sia dall’industria automobilistica per la produzione di batterie di nuova generazione per le auto elettriche, con la Russia- ricorda ‘Mister Prezzi’ – che ha un ruolo primario nell’export mondiale (40% per il nickel destinato alle batterie elettriche).
Sul nichel per Gianclaudio Torlizzi, fondatore della società di consulenza finanziaria T-Commodity, interpellato da LaPresse, si è abbattuta una ‘tempesta perfetta. “Il nichel – dice – è diventato l’emblema del fenomeno dei ‘metalli impazziti’ con i prezzi saliti alle stelle. Ma non è tutta colpa della guerra. Pesa infatti anche il sospetto di una pessima gestione del London metal Exchange. E non è un caso che gli operatori finanziari lo stiano abbandonando, come fuggono dal nichel”. E spiega le dinamiche del fenomeno e le concause: “avere posto sotto sanzione le banche russe sta creando dei deficit di liquidità su quel mercato che amplificano la volatilità dei prezzi. Il nichel non è sottoposto a sanzioni, ma le banche russe sì, da qui il deficit di liquidità dovuto ai blocchi per le controparti finanziarie”.
Il nichel l’8 marzo scorso è andato alle stelle nel giro di 48 ore. E dai 29.000 dollari a tonnellata è arrivato ai centomila dollari a tonnellata. In due sedute il nichel ha avuto un rialzo del 250%. “E la filiera dell’acciaio – sottolinea Torlizzi a LaPresse – è in grande difficoltà con questa elevata volatilità: i prezzi dei prodotti finiti schizzano”. Sotto accusa per l’analista, non c’è solo il conflitto nato dalla invasione di Mosca in Ucraina, ma c’è anche il London Metal Exchange. “Ha bloccato le contrattazioni sul nichel a causa dei forti acquisti di una acciaieria cinese, che deteneva una enorme posizione ribassista sul nichel.- dice Torlizzi- Proteggere questa posizione da parte di chi gestisce il Lme ne ha fatto schizzare le valutazioni”.
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