“Passi verso la pace solo se uniti” dice il premier. In corso l’incontro fra il Governo e la maggioranza sulla risoluzione da votare. Paletti del M5s che chiede “un costante coinvolgimento”
È in corso il vertice Governo-maggioranza sulla risoluzione da votare oggi dopo le comunicazioni di Mario Draghi in vista del Consiglio europeo. Per l’esecutivo sono presenti il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà e il sottosegretario agli Affari Ue Enzo Amendola. Mario Draghi non intende deviare la rotta. L’Italia, è convinto il premier, risponderà ancora una volta presente alle richieste di aiuto che arrivano da Volodymyr Zelensky e dal popolo di Kiev. “Se l’Ucraina non si difende non ci può essere la pace”, ha ribadito il premier in più di un’occasione e la convinzione resta granitica. Non solo. “I progressi verso la pace si possono fare solo se si va avanti uniti, sia in Italia che in Europa”, è la linea, ribadita dall’inquilino di palazzo Chigi anche a Emanuel Macron e Olaf Scholz in in occasione del viaggio a Kiev. E vale sia per quel che riguarda il dossier energia, con il tetto Ue al prezzo del gas, per la soluzione alla crisi del grano e anche per la risposta da dare sul fronte migratorio.In Parlamento, però, è su come sostenere la resistenza Ucraina che i gruppi si dividono. La riunione tra il sottosegretario agli Affari Ue Enzo Amendola con la maggioranza va avanti fino a tarda sera ma la quadra non c’è e tutto viene rinviato a domani mattina alle 8.30. Il vertice è preceduto dalla nota ufficiale del Consiglio nazionale M5S. I pentastellati chiedono “un più pieno e costante” coinvolgimento del Parlamento “con riguardo alle linee di indirizzo politico che verranno perseguite dal Governo italiano nei più rilevanti consessi europei e internazionali, inclusa – viene messo nero su bianco – l’eventuale decisione di inviare a livello bilaterale nuove forniture militari, funzionale a rafforzare il mandato del Presidente del Consiglio in tali consessi”. Per Giuseppe Conte e il suo stato maggiore, infatti, va considerato “non sufficiente”, il vaglio parlamentare rappresentato dal decreto Ucraina, “che risale ai giorni immediatamente successivi all’aggressione militare russa, e che non tiene conto dei mutamenti nel frattempo intercorsi e delle strategie che si stanno delineando anche a livello internazionale”. Non solo. Il Governo, è la convinzione del Movimento, deve impegnarsi in “una descalation militare in favore di una escalation diplomatica”.
Le premesse per un muro contro muro ci sono tutte e a confermarle è una riunione fiume tra Governo e maggioranza alla ricerca di una mediazione. A Draghi, infatti, il piano B rappresentato da una risoluzione di una sola riga che si limiti a dire “il Senato approva le comunicazioni del presidente del Consiglio” non piace. E Palazzo Chigi non intende nemmeno cedere a perifrasi che rappresentino un “commissariamento” del Governo e una diminutio a livello internazionale. Al primo piano di palazzo Cenci, nell’aula della commissione Politiche Ue, tocca a Enzo Amendola e Federico D’Incà trovare un punto di caduta con i rappresentanti dei partiti che da giorni lavorano al dossier. Una prima proposta di mediazione arriva dal dem Alessandro Alfieri ma non convince tutti. Una riflessione più approfondita viene fatta sulla riformulazione avanzata dal capogruppo di Leu alla Camera Federico Fornaro. Si chiede un “maggiore” coinvolgimento del Parlamento, in occasione dei principali vertici internazionali che abbiano all’odg la crisi Ucraina. Amendola – sentito Palazzo Chigi – accorda il passaggio parlamentare prima dei summit, ma sbianchetta la parola “maggiore”. Il nuovo testo impegna il Governo a “continuare a coinvolgere” le Camere. Il M5S dà disco verde, ma a questo punto è Leu a chiedere un passetto in più, avanzando l’ipotesi di eliminare dalla risoluzione il riferimento al decreto Ucraina – già votato dalle Camere – che permette al Governo l’invio di aiuti, anche militari, a Kiev fino al 31 dicembre 2022. È qui che si arriva al muro contro muro. I telefoni si fanno bollenti alla ricerca di un’intesa dell’ultimo minuto, che abbia in calce le firme di tutti i capigruppo in modo da evitare nuove fughe in avanti prima delle comunicazioni del premier in Senato, in calendario per domani alle 15, ma alla fine la fumata bianca non arriva. “Siamo vicini” alla quadra è la convinzione dei più ottimisti. In ogni caso, la scommessa che tutti si sentono di sottoscrivere, “il Governo non cadrà domani”.
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